
E’ ormai passato un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. La situazione geopolitica che ne è seguita ha aggiunto incertezza ad un contesto economico che, prima dell’evento, era già influenzato dall’inflazione e dalla crisi degli approvvigionamenti post-covid. Ma cosa è successo al settore immobiliare? Come è cambiato il real estate italiano e internazionale dopo un anno di guerra? Diversi esperti hanno detto la loro a idealista/news; la buona notizia è che, pur nell’incertezza, l’immobiliare continua a essere ben percepito come bene rifugio e come asset di investimento di valore.
Cosa è cambiato nel real estate a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina
Il mercato immobiliare, secondo gli esperti , non sembra aver risentito direttamente dello scoppio della guerra in Ucraina, continuando invece a reagire a un contesto che si era già creato in precedenza. In particolare, a influire sul mercato sono stati gli strascichi della pandemia, l’inflazione, le politiche monetarie della Bce.
L’attuale scenario geo-politico influenza il real-estate sia nella sua componente di sviluppo di nuovi progetti immobiliari, ossia quella legata direttamente ai costi delle materie prime, che in quella legata alla percezione del rischio di mercato da parte degli investitori. Sicuramente la crisi delle materie prime, l’aumento dei costi energetici e l’inflazione a doppia cifra hanno fatto lievitare i costi degli interventi, aumentando la rischiosità delle operazioni di valorizzazione e nuova edificazione, specie nei contesti periferici e nelle operazioni più importanti sviluppate su orizzonti temporali di medio-lungo termine.
La pandemia, e poi il conflitto ucraino, da cui le sanzioni e l’innalzamento dell’inflazione, costituiscono un quadro che ovviamente ha avuto ripercussioni sul caro vita e quindi sul potere di acquisto delle famiglie, oltre che sulle politiche delle banche centrali. L’aumento dei tassi di interesse e i criteri più rigorosi per l’accesso al credito hanno determinato un’inevitabile contrazione della domanda nel comparto residenziale che fa prevedere per il 2023 un numero di compravendite inferiore a quello del 2022. Ricadute si registrano anche negli acquisti per investimento, i cui rendimenti risentono dell’incertezza economica.
Al contrario, gli investimenti non sono affatto scesi durante l’anno della guerra, mostrando invece maggiore reattività a inflazione e politica monetaria. Dal punto di vista degli investimenti capital markets. Il 2022 ha evidenziato una crescita del 22% rispetto all’anno precedente, con volumi pari a 11,7 miliardi di euro. In questo contesto è da sottolineare come la crescita sia stata molto sostenuta nei primi nove mesi dell’anno, mentre il quarto trimestre abbia registrato un calo nei volumi, determinato da un approccio cautelativo, a causa dell’impatto di fattori macroeconomici quali l’aumento dell’inflazione, i tassi di interesse e la politica monetaria più restrittiva, rallentando l’attività capital markets in Italia, così come nella maggior parte dei mercati europei.